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Il progetto del locale è nato come occasione per rispondere ad un’ insoddisfatta domanda di archetipi, di segni visibili, di codici godibili. Al contempo il progetto rimanda ad un’origine ludica e primordiale del costruire.
Secondo Borges qualsiasi luogo è archeologico: se scavassimo, vi troveremmo rovine di costruzioni antiche, frammenti del pensiero di quanti ci hanno preceduto.
Questi resti, “parole sradicate e mutilate, parole di altri”,costituiscono la base su cui si fonda la cultura ultrapersonale, l’unica che abbia davvero valore perché non appartiene a nessuno.
Da qui la necessità di ricreare, simulare, ri-rappresentare partendo dalla tradizione, recuperando materiali e arredi; ma dove questi venissero a mancare –come nell’intervento in questione- è lecito riprogettare e reinventare, anche con risultati caratterizzati da un atteggiamento esplicitamente ludico e per certi versi simile agli esperimenti dada e cubisti dei primi del secolo scorso.
In questo caso analogamente il compito di rendere parlante e sorprendente lo spazio avviene attraverso la ricchezza delle associazioni che provoca, dove il singolo elemento vive di per se ma anche in funzione del tutto, dell’idea da perseguire. Il gioco è fondamentale sia che giochi il progettista che il fruitore affinché produca una sua creatività che partecipi all’effetto finale dell’architettura o dell’istallazione.
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